Nella città di Osijek, in Croazia, e nei suoi dintorni sono attive diverse scuole elementari in lingua albanese.
Sono questi i centri d’istruzione nei quali viene conservata l’identità culturale e nazionale dei bambini dei numerosi cittadini albanesi che vivono e lavorano lì e ai quali si aggiungerà molto presto la prima scuola superiore in lingua albanese.
Ad Osijek , infatti, verrà inaugurata – come riportano i media albanesi – la seconda scuola superiore di questo tipo, dopo la scuola superiore in lingua albanese della città di Zara.
“E’ una splendida notizia per le migliaia di cittadini albanesi che vivono a Osijek e nell’intero distretto di Baranja.” – ha affermato Mendu Imeri, insegnante di lingua albanese del distretto.
Gli albanesi in Croazia
Quella albanese è una delle comunità – nota anche come comunità degli Arbanasi – più rispettate ed integrate ufficialmente in Croazia. Rispetto che è frutto del sacrificio fatto dagli albanesi nella guerra per la difesa della Croazia dall’aggressione dell’armata jugoslava e di quella serba agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso.
Uno dei tanti albanesi che si è unito alla guerra croata contro l’aggressione serba fu il generale Esat Collaku, superiore dell’esercito croato e generale della UCK (esercito di liberazione) kosovara, il quale attualmente ricopre il ruolo di presidente dell’unione degli albanesi della Croazia.
Sono più di 30.000 i cittadini albanesi che secondo i dati ufficiali vivono in Croazia, anche se la cifra reale dovrebbe ammontare attorno ai 40.000 dato che migliaia di albanesi risultano come bosniaci o cittadini croati veri e propri. Le prime migrazioni iniziarono verso la Croazia iniziarono nel XVIII secolo quando alcune famiglie fuggirono dall’Albania ‘ottomanizzata’ verso Zara (e non solo), per scappare al dominio barbaro e trovando rifugio e protezione nella Repubblica di Venezia.
Gli albanesi in Croazia, inoltre, sono anche rappresentati politicamente nei due livelli di governo locale ma anche nel parlamento nazionale, attraverso la deputata Ermina Lekaj-Pernaskaj.