Non si è soliti condividere le proprie storie personali al pubblico quando si è umili e modesti. Le tieni per te stesso, sperando che un giorno raggiungerai obiettivi più “grandi”.
Di norma, la maggior parte delle persone ha l’istinto di aiutare il prossimo, in particolare se si tratta di offrire aiuto a coloro a cui siamo profondamente legati. Dopo aver parlato con uno dei miei grandi amici albanesi nonché collega di Albania News, Olti Buzi, condividendo i nostri pensieri su quello che è accaduto in Albania, mi ha incoraggiata a condividere la mia storia sul come il terremoto in Albania ha colpito me e la mia famiglia qui in Kosovo.
Vorrei iniziare dicendo che, mentre per alcuni questo tragico evento rappresenta soltanto un’altra storia o un altro post da condividere sui social media, per me è stato qualcosa di particolarmente toccante; infatti, mi ha riportato indietro al 1999, quando io stesso da albanese-kosovara sono stata costretta a fuggire assieme alla mia famiglia dal Kosovo a causa del guerra e a chiedere aiuto alla madrepatria Albania.
La mattina del 26 novembre 2019 non è stata diversa per me e per molti altri albanesi: la sera prima ero andata a letto abbastanza tardi come al solito, dato che non sono una persona mattiniera. Prima di spegnere tutte le luci, sono uscita per controllare che tempo facesse e mi sono accorta come fosse estremamente ventoso rispetto ad altri giorni. Non sapevo che stava per accadere qualcosa di veramente devastante in una delle mie preferite città in Albania, ovvero Durazzo.
Considerando che le mie opinioni in quanto a religione non sono esattamente le stesse della maggior parte dei musulmani albanesi in quanto faccio maggiormente riferimento al lato agnostico del mondo, di certo non credo nel destino, nella premonizione o in sogni simili. Tuttavia, c’è una ragione per cui ho citato questa parte mentre continuo questa tragica storia: da quella notte è accaduto qualcosa che in qualche modo mi ha collegato agli eventi terribili che stavano per accadere.
A notte inoltrata, mi sono svegliata confusa e ho notato che le cose nella mia stanza si stavano muovendo. Per qualche motivo, solo una foto che ho incorniciata al muro non si muoveva mentre intorno tutto il resto, incluse le finestre, si muovevano; continuavo a pensare tra me e me che il vento quella notte fosse così forte da far muovere le finestre e le cose all’interno della mia stanza. E’ sorprendente come reagisca il nostro cervello a certe cose quando non ci troviamo di fronte ad una minaccia imminente.
Dopo dieci secondi tutti i movimenti cessarono e io tornai a dormire. Ricordate la parte in cui dicevo di essere agnostica e assolutamente non superstiziosa? Ecco, tornata a dormire ho fatto uno dei sogni più vividi della mia vita. Nel sogno mangiavo datteri, baklava e tutti i tipi di dolci nella città di Berat, che in passato avevo visitato con i miei amici.
Gli anziani ritengono che quando nei tuoi sogni mangi qualcosa di gustoso in un determinato posto, il tutto è sinonimo di cattivo presagio che purtroppo si è rivelato essere vero. Quando mi sono svegliata la mattina seguente, mentre mi preparavo per un’altra normale giornata di lavoro, ho iniziato a controllare il mio telefono scorrendo mail, messaggi e social media. Su Facebook, tra le prime notizie c’era quella devastante del tragico terremoto che ha scosso l’Albania e l’intera regione.
Non ci potevo credere, ero così scioccata che all’improvviso ho avvertito un’estrema pesantezza nella mia testa per tutto quello che avevo letto e sentito. Ho provato ad andare avanti nella mia giornata ma dentro di me sentivo davvero qualcosa. Vedevo post e foto con la scritta “Pray for Albania”, foto che raffiguravano le forze di sicurezza del Kosovo mentre erano dirette a Durazzo; tutti erano tristi e scioccati. I miei amici albanesi del Kosovo stavano facendo il possibile per mostrare solidarietà e sostegno ai nostri compatrioti in Albania.
Sapevo che la giornata di lavoro sarebbe stata diversa quel giorno ma anche per i giorni a seguire. Ad un certo punto, sono uscita dall’ufficio e ho iniziato ad impacchettare cose da spedire a Prishtina, dove già si stavano raccogliendo donazioni e beni materiali per le vittime toccate dal terremoto in Albania. Sono quindi partita direzione Prishtina, contribuendo alle donazioni con un paio di borse con vestiti. In tutto questo, mi ero dimenticata di controllare i social media e come la situazione andava tragicamente evolvendosi a Durazzo e Thumanë.
Dopo essere tornata a casa ho aperto nuovamente Facebook e ho visto che il numero delle vittime era salito a 12. Non riuscivo a stare ferma, sapevo che dovevo fare di più. Essendo di una piccola città del Kosovo, Rahovec, non pensavo che avremmo avuto il nostro centro di raccolta donazioni in città. Fortunatamente mi sbagliavo, il “Tosca Lounge Bar” aveva intrapreso già l’iniziativa di aiutare i nostri concittadini in Albania. Migliaia di persone aveva già portato tantissime cose al bar (vestiti, cibo, coperte ecc.) mentre auto e furgoni erano già pronti a caricare il tutto e a dirigersi verso Durazzo.
Anche io sono andata a preparare tante altre cose da spedire, tra cui anche un paio di libri per bambini. Tuttavia, sapevo che mi mancava ancora qualcosa da fare: per quanto sia importante inviare beni materiali per mostrare solidarietà, nulla ti riempie di più delle parole stesse che ti provengono dal cuore. Per questo, ho preso un quaderno, ho strappato qualche pezzo di carta e ho iniziato a scrivere.
“Miei cari amici della Madre Patria Albania,
Sarebbe stato imbarazzante per me come Saranda Shala, donna con il nome della più bella città d’Albania, non offrirvi un aiuto in questi giorni difficili. Spero che queste cose vi facilitino ‘la vita’ almeno per un po’…è il minimo che potrei fare.
Con tanto amore,
Saranda
E’ importante menzionare come la parola “miq” (amici) in albanese rappresenti qualcosa di più di un semplice amico: rappresenta i tuoi cari amici, i tuoi compagni e i tuoi alleati, che ti fanno sentire un tutt’uno nonostante i confini geografici tra Albania e Kosovo.
Tornando alla storia, ho messo la lettera all’interno delle borse e ho aspettato l’alba. La mattina seguente lessi che il numero delle vittime era salito a 20 ed io non riuscivo a capacitarmi del fatto che movimenti sismici della Terra potessero portare via la vita a così tante persone innocenti, tra cui donne e bambini. Ma non c’era il tempo di prendersela con la madre Terra, bisognava soltanto aiutare in tutti i modi possibili i cittadini colpiti dal terremoto.
Ed è quello che abbiamo fatto tutti: dalle forze di sicurezza del Kosovo ai nostri amici albanesi provenienti da tutto il mondo, passando per le squadre speciali di soccorso arrivate da Italia, Croazia, Francia, Serbia, Grecia e molti altri paesi. Purtroppo, il bilancio delle vittime del terremoto è salito a 51 e non saremo mai in grado di recuperare il dolore dei famigliari di quelle vittime; tuttavia, possiamo sperare in un futuro migliore per l’Albania e per i Balcani occidentali….
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