Eminenti Personalità Arbëreshë degli ultimi quattro secoli (1°)Il 243° Pontefice di Santa Romana Chiesa, che regnò dal 23 novembre 1700 al 19 marzo 1721 con il nome di Clemente XI (al secolo: Giovanni Francesco), era di schiettissimo sangue albanese.Ebbe il privilegio di portare a compimento il XVI° Giubileo aperto dal suo predecessore Innocenzo XII. Abbiamo saputo, di recente, che uno studioso sta “accarezzando” l’idea di passare al setaccio alcuni documenti (quasi inediti) relativi alla figura del “nostro” Papa. Quest’ultimo, a tuttoggi, rimane un personaggio da riscoprire e rivalutare. Di lui i libri di Storia parlano poco e quel poco è esposto anche in modo superficiale e volutamente capzioso, specialmente per quanto concerne il campo della dottrina religiosa. Këlmèndi i Njëmbëdjète (Clemente XI), infatti, fu autore di due atti che fecero epoca: a) la condanna del Giansenismo, il movimento religioso sorto agli albori del 1600 sulla base dell’insegnamento del Vescovo olandese Cornelius Jansen, che perseguiva un profondo rinnovamento della Chiesa; b) il ripudio della posizione aperta alle abitudini culturali e liturgiche del luogo assunta dai Gesuiti in Cina. Ritornando, per un attimo, al giansenismo, è doveroso sottolineare che il Papa arbëresh (il primo nella storia della Chiesa) lo combattè duramente e con decisione con la Bolla VINEAM DOMINI (1705) e quindi con la UNIGENITUS DEI FILIUM (1713), nella quale erano condannate centouno proposizioni del libro del giansenista P. Quesnel, e che costituisce un documento fondamentale della controversia. Clemente XI nacque ad Urbino il 23 luglio 1649 da Carlo ALBANI (1), Maestro di Camera del Cardinale Francesco Barberini. A undici anni si trasferì a Roma dove crebbe in ambiente curiale compiendo una rapida carriera nella gerarchia ecclesiastica: dapprima fu Governatore di Rieti, della Sabina e di Orvieto e poi, nel 1687, divenne Segretario dei Brevi, ossia il prestigioso ufficio preposto alla stesura in latino delle epistole e degli atti pontifici. Nel 1690 fu nominato Cardinale Diacono da Alessandro VIII. Il 1700 fu il suo anno fatidico (da “Guinnes” dei primati!): ordinato Prete ai primi di settembre, eletto al Soglio di Pietro il 23 novembre, Vescovo il 30 novembre, consacrato Papa l’8 dicembre. Il suo pontificato fu travagliato dallo scoppio della guerra di successione al Trono di Spagna (1708), nella quale cercò di mantenere una difficile posizione di neutralità: la guerra terminò con i trattati di Utrecht, Rastadt e Baden (1712-14), che diedero all’Europa un assetto territoriale favorevole per il Papato. In seguito a una dura lotta giurisdizionale con Vittorio Amedeo II di Savoia (2), al quale, a seguito della pace di Utrecht, era stato assegnato il titolo di Re di Sicilia, Clemente XI lanciò l’interdetto sull’isola. Decisamente meglio andarono le cose, per l’illustre quadrisnipote di Keli Lacit, negli Affari Interni: qui fu illuminato e lungimirante rivelandosi una personalità dalle molteplici capacità. Dette maggior equilibrio ed equità al sistema fiscale dello Stato Pontificio, riformò il calendario, fece eseguire i primi progetti per la bonifica delle paludi dell’Agro pontino, maggiori responsabili della malaria che ogni anno mieteva centinaia di vittime, sistemò la rete stradale, mise sotto manutenzione alcune tra le più importanti chiese e palazzi romani e della sua Urbino, altri ne costruì. La sua opera proseguì con intelligenza nel settore dell’istruzione, dove intervenne realizzando nuove scuole e compì una radicale, e per i tempi avanzatissima, riforma del sistema carcerario tanto che il saggista inglese George William Smith ebbe a scrivere nel 1833 che a Roma e a Clemente XI “si deve la prima grande riforma della disciplina penitenziaria”. Fu soprattutto in campo culturale e artistico che Clemente XI si dimostrò grande. Con il suo mecenatismo, con la passione collezionistica per le antichità, ma anche per gli artisti rinascimentali, e con le tante commissioni seppe ridare slancio alla cultura dello Stato Pontificio che il precedente Papato aveva trascurato.
ANNOTAZIONI (1) – Il capostipite, Keli (Michele) LACIT, abbandonò la natia Shijak (località nei pressi della città di Durrës) nel 1464 per trasferirsi in Italia, ospite di Federico da Montefeltro (1422-1482), Signore di Urbino dal 1444. I suoi figli e nipoti, nella splendida capitale feltrinea, divennero ben presto uomini d’arme al servizio dei Da Montefeltro prima e dei Duchi Della Rovere dopo (dal 1508). Altobello (XV-XVI secolo), nipote di Michele, mutò il cognome di Famiglia (Lacit) in quello di ALBANI. L’ascesa del Casato iniziò con Orazio (1576-1653). Egli fu inviato come Ambasciatore a Roma, dove il Papa Urbano VIII lo apprezzò tanto da conferirgli la carica di Senatore (Governatore Civile di Roma). Dei suoi figli, Annibale intraprese la carriera ecclesiastica e Carlo fu padre di Giovanni Francesco, divenuto Papa con il nome di Clemente XI. Da allora la Famiglia Albani diede alla Chiesa una serie di illustri Cardinali: Annibale (1682-1751); Alessandro (1692-1779), protettore dell’archeologo tedesco Winckelmann e collezionista di oggetti d’arte (la sua collezione di statue costituì il fondamento del Museo Capitolino e la sua raccolta di medaglie formò il primo nucleo del Medagliere Pontificio); Gian Francesco (1720-1803), strenuo e fedele sostenitore del sacro Romano Impero (retto dagli Asburgo-Lorena) ed ostile alla Francia massonico-rivoluzionaria del dopo 1789; Giuseppe (1750-1834), Segretario di Stato di Papa Pio VIII dal 1829 al 1831 e Inviato di Gregorio XVI nelle Legazioni (Bologna, Ferrara, la Romagna e Urbino) dopo la rivoluzione del 1831. Il Casato, in linea maschile, si estinse con la morte del Principe Filippo (1852).(2) – A Vittorio Amedeo II (1666-1732), in seguito al trattato di Utrecht, veniva assegnata (1714) la Sicilia, perduta dagli Spagnoli, territorio che scambiò nel 1718 con la Sardegna in seguito ad accordi con l’Imperatore del S.
R.
I. Carlo VI.