La storia di Valona

Gli antichi Greci chiamavano Valona “Aulon-a” (la “a” è una desinenza per analogia del femminile nei nomi delle città). L’etimologia ci riporta al significato di “valle” – da cui anche Valona, in italiano –, ma rimanda anche al termine greco “aulos”, strumento a fiato, flauto.

La città, che si ritiene fondata attorno al VI sec a.c., è menzionata da molti viaggiatori stranieri e dai cronisti come una delle città portuali principali dell’Illiria meridionale, estensione sul mare dell’Antica Amantia, che fiorì parallelamente alla crisi di Apollonia e Orik (oggi Orikum).

Il nome di Aulon risulta, tra gli altri, nei carteggi di Tolomeo del II secolo d.C, i quali concordano con le prove archeologiche che attestano la presenza di una grande fortezza cittadina e un vasto porto (a Capo Treporti). Quando i commerci lungo il Vjosa iniziarono a prendere direzione nord, Orikum perse progressivamente di importanza, a favore del porto di Aulon, che divenne un vero e proprio polo commerciale.

Tra il V e il VI secolo d.C. Valona divenne vescovado; ebbe poi uno sviluppo consistente durante i secoli X e XII; al X secolo risale anche il famoso “Codice di Valona”, che insieme a quelli di Berat, è tra gli unici e più antichi documenti scritti del primo millennio trovati in Albania.

Menzionata costantemente per tutto il Medioevo, la città di Valona era famosa come porto marittimo per il traffico di olive e olio, sale e legname, che da qui venivano esportati non solo in area balcanica ma anche verso molti Paesi d’Europa. L’economia interna, invece, si basava su un fiorente artigianato, sull’allevamento e sull’agricoltura, specialmente di alberi da frutto.

Nel medioevo, fino alla presa della Città nel XV secolo da parte degli ottomani, il centro amministrativo della città si trasferì nel Castello di Kanina a soli 5 km dal centro cittadino, zona protetta e dalla cui altezza si gode di un’ampia vista sul territorio circostante e sul mare, fino alle coste italiane. Durante il primo periodo ottomano, nella nuova divisione amministrativa, la città mantenne la sua importanza e divenne sede dell’omonimo Sangiak in alternanza a Berat, a seconda della provenienza e della residenza del bey (il signore feudatario). La costruzione di un’importante moschea è segno di un periodo di crescita commerciale che renderà la città tra le più fiorenti.

Agli inizi dell’epoca moderna, troviamo il suo massimo splendore quale città di commerci e porto militare dell’Impero. Il divenire di gran lunga la città più importante dell’Albania richiama una consistente emigrazione di ebrei che, cacciati dalle zone cristiane dell’Europa occidentale e meridionale ­– quelli iberici di fine ‘400, gli ebrei di Ancona a metà ‘500 espulsi da Papa Paolo IV ­­– troveranno rifugio a Valona.

La presenza ebraica in città è documentata negli archivi ottomani e in quelli di Venezia fra i commercianti ebrei di Valona. I recenti studi mostrano come nella città tra il XVI-XVII secolo si assistette a un caso unico nella storia d’Europa: ebrei che si convertivano all’islam, seguendo il comportamento generale della popolazione albanese. Questo a dimostrazione della poca pressione religiosa in città, che ancora oggi rimane in assoluto la più laica dell’Albania.

Durante il regime comunista, nelle statistiche sui matrimoni tra persone di religioni diverse, la città era di gran lunga in cima alle classifiche, portando avanti la tendenza tipica di una eredità pagana della cultura albanese, che sfocia in quella indifferenza nei confronti dei monoteismi.

Nel tempo, con il declino della potenza ottomana, le zone della costa, anziché continuare ad essere avanguardia e vetrina del progresso, diventano zone di frontiera militare e di periferia e, così, tanto Valona quanto l’Albania in generale verranno dimenticate dal Divan.