“Hotel Albania”, come dice lo stesso sottotitolo, è un libro di viaggi, migrazione e turismo. Ma oltre a questo, bisogna dire che il libro è la prima ricerca organica sul turismo albanese, specialmente su quello di ritorno, ossia, del turismo culturale e delle ricerche delle origini che spesso viene intrapreso da giovani di origine albanese che mischiano turismo e ricerca di identità.
L’autore, Francesco Vietti, è dottore di ricerca in Antropologia culturale presso l’Università di Genova, e già in passato ha affrontato argomenti simili pubblicando anche i saggi “Cecenia e Russia” e “Il paese delle badanti”. Sono esperienze e conoscenze che Vietti tenta di usare come chiave di lettura anche in Hotel Albania per decifrare al meglio la situazione albanese nella quale il turismo si sovrappone alla ricerca delle origini e al ritorno nella madrepatria. Una delle parti più interessanti del libro, infatti, è il viaggio con “i ragazzi della via Egnatia”, figli di migranti albanese stabiliti in Italia che visitano il loro paese di origine e via via che il viaggio prosegue narrano le loro impressioni.
Ma la storia che racconta Vietti inizia da molto prima, impreziosita da testimonianze dirette, numeri e cifre esatte. Uno dei meriti di questa ricerca è quella di essere il primo tentativo italiano di scrivere la storia del turismo in Albania, dall’inizio fino ai giorni nostri. Si parte dalla prima guida turistica sull’Albania, l’“Handbook for Travellers in Greece: Describing the Ionian Islands, The Kingdom of Greece, the Islands of the Aegean See, with Albania, Thassaly and Macedonia” di John Murray, 1854, si passa al periodo fascista, dove giganteggia il racconto che Montanelli fa dell’Albania, specialmente della capitale.
Scrive: “Tirana, arrivandoci da Scutari per i buoni uffici dell’Ala Littoria che ha quaggiù ottimi servizi, e dopo i giorni passati con i montanari, mi fece l’impressione di un formicaio indaffarato. Uomini, tanti uomini, troppi uomini e troppo piccini, in confronto al solitario gigante della Montagna. Tirana mi parve una città esagerata. Messassi sulla via per diventare una capitale occidentale, deve ancora impegnarsi a fondo per riuscirci.” Parole che, aimè, potrebbero descrivere bene anche la situazione odierna.
Non meno interessante anche il periodo socialista dove per la prima volta le località turistiche vengono messe a disposizione degli stessi albanesi, per poi finire con il turismo moderno e democratico degli ultimi anni che vede partecipe anche lo stesso autore.
Il merito di Francesco Vietti è quello di essersi fatto travolgere da questi viaggi. L’antropologo, infatti, non si pone al di la degli eventi come un semplice osservatore, ma ne diventa parte ed attore di questi eventi. L’autore l’Albania l’ha vista, a volte l’ha persino capito, e quindi ne da un resoconto fedele che non possiamo non accogliere con piacere e curiosità.