Metti un Albanese, un Iraniano e un Rumeno
r. – Scusa, come sarebbei.– Sarebbe come ho appena detto. Nel mio paese non ci sono puttane, e quelle che tradiscono il marito, vengono lapidate.a.– Scusa ma stai dicendo un sacco di stronzate secondo me!i.– Ma si, vengono lapidate!a.– A questo ci credo, purtroppo, ma non al fatto che in Iran non esista la prostituzione.i.– Che tu ci creda o meno, da noi è davvero illegale e non come qui che le strade son piene di ragazze rumene e albanesi, senza offesa eh!r.– Scusa ma da quale paesino del profondo Iran provieni? Nemmeno un anno fa su tutta la stampa internazionale è comparso il fatto che avessero arrestato un capo della polizia dentro un bordello clandestino a Teheran, e tu dici che da voi non c’è la prostituzione?!i.– Aspetta aspetta, l’ho letta anche io quella notizia, ma non credo che le ragazze del bordello fossero iraniane, saranno state di sicuro di qualche paese dell’est. Le nostre donne sono onorevoli e non fanno le prostitute.
a.– Invece le nostre si?i.– Non dico che sono tutte romene o albanesi, ma dovete ammettere che in Italia, almeno per quello che ho visto a Torino, ci sono tantissime prostitute romene e albanesi. Forse da voi non è visto come una cosa brutta o forse è solo un modo di fare soldi lavorando con il corpo come fanno ad Amsterdam. Per noi è diverso; da noi una ragazza non sceglierà mai di fare la prostituta, anche se fosse nella sua indole, perché getterebbe il disonore su tutta la famiglia.r.– Non credo alle mie orecchie!? Ma tu, veramente credi che una ragazza della mia città, si svegli una mattina e dica: il mio sogno è fare la prostituta in Italia o in qualche altro paese ricco dell’ Europa occidentale! – no veramente, dimmi se pensi questo?i.– Non proprio cosi, ma può essere che il bisogno di migliori condizioni economiche spinga una ragazza a prostituirsi.a.– Ma non ti passa in mente che queste donne sono forzate a fare una vita del genere? che magari sono schiavizzate, sfruttate, o perfino ingannate con promesse varie e poi abusate e obbligate a fare ciò che fanno?i.– Si forse, ma allora potrebbero scappare e tornare a casa.r.– Certo, ma anche se riuscissero a tornare a casa, anche se ai loro cari non fosse fatto alcun male da parte dei rapitori, anche se provassero a spiegare tutto quello che hanno subito, molto probabilmente si troverebbero di fronte un padre o un fratello come te che le disconoscerebbe per aver offeso l’onore della famiglia.
Quando ero piccolo conobbi una signora di circa quarant’anni che abitava vicino a casa mia. Era una donna molto energica e piena di vitalità, sorrideva sempre anche di primo mattino quando tutti sono musoni e non ancora svegli. Ti parlava come se fossi lontano cinquanta metri anche se la tua testa non era lontana un palmo dalla sua. La signora non era sposata e aveva un figlio di circa quattro anni. Abitava con lui in una specie di casupola a ridosso del muro di cinta della città. Sentivo mia madre e le altre donne del quartiere che riferendosi a lei la chiamavano “e shkreta”, l’arida, l’espressione che più si avvicinerebbe in italiano sarebbe “poverina”, ma preferisco la traduzione letterale, non riferita a lei ma al mondo arido che la circondava, agli sguardi guardinghi delle mogli e quelli arrapati dei mariti.
Quando diventai un po’ più grande, ma non troppo, chiesi a un vicino come mai la signora facesse quella vita. “Il padre l’ha beccata a 17 anni mentre si scopava uno dei figli dei vicini, quello poi era già fidanzato con un’altra e il resto viene da se. Hai capito?” – “Si”– risposi, ma non avevo capito.