Il 25 marzo, ad Atene, in occasione della festa nazionale greca, sfilano le forze armate. Un corpo dei marines intona cori razzisti contro gli albanesi. Ce n’è per tutti i gusti: faremo delle scarpe con la loro pelle, faremo dei vestiti … e cosi via. Il n.2 del Ministero della Difesa dei cittadini ha chiesto scusa.
Ci sono 36 marinai indagati e un tenente sospeso.
E niente cambia perché, oltre al danno, la beffa delle scuse suona quanto meno ridicola tanto che, se potessi, la spedirei al mittente.
Chiunque abbia seguito, anche superficialmente, le notizie degli ultimi venti anni ha poco di che stupirsi. La Grecia moderna ed europea è uno dei pochi paesi balcanici che cova un nazionalismo estremo, sorpassando la stessa Serbia recente e la stessa Albania. Tutto inizia negli anni 90 quando i primi immigrati albanesi cominciano ad arrivare in Grecia e a cadere nelle mani delle temibili pattuglie di frontiera. Gli albanesi diventano vittime di un potere assoluto.
Vengono uccisi, torturati, picchiati, derubati, stuprati. Non è niente di nuovo, è successo costantemente dal 1991 e chiunque abbia un conoscente che è dovuto migrare, ve lo può confermare mostrandovi le ferite. Succede di tutto in quella parte che unisce la Grecia all’Albania, succede l’indescrivibile. Perché gli immigrati diventano solo delle cose, e quando consideri una persona come cosa tutte le regole saltano. Morale, diritti, umanità, nulla di questo vale più, puoi fare di tutto. E l’hanno fatto. I crimini greci ai danni dei migranti non sono stati meno cruenti di quelli delle milizie serbe, solo meno pubblicizzati. Vittime insignificanti in cerca, non di una vita migliore, ma proprio di una vita.
Negli ultimi anni dalla Grecia sono arrivate solo brutte notizie. Preti pedofili che vengono a comprare ragazzi in Albania. Avventurieri che comprano fosse albanesi per provare l’esistenza di una presenza greca in Albania. Storie di passaporti greci venduti o regalati per creare ad hoc una minoranza greca che ogni giorno diventa più grande. Altro scandalo che coinvolge la giustizia greca è il caso di una interprete greca che si occupa di tradurre gli atti e gli interrogatori degli imputati albanesi. Poi si viene a sapere che la stessa non parla la lingua. E non succede niente.
E se oggi sappiamo tutto quanto sopra descritto, lo dobbiamo solo ad alcuni giornalisti coraggiosi e non a inchieste interne.
Insomma, i governi greci proprio non vogliono accettare il fatto che sono vicino ai turchi e agli albanesi e che questo fatto sia immodificabile. I vari governi che si sono succeduti purtroppo, chi più e chi meno, continuano a guardare l’Albania come una terra disperata, utile soltanto per produrre manodopera a basso costo. Il governo albanese fa lo stesso.
Ed è per questo che non voglio le scuse. Voglio commissioni parlamentari, voglio inchieste della magistratura, voglio giustizia e non conferenze stampa. In questa storia i cori razzisti sono il male minore, solo la punta dell’iceberg. Musica per le nostre orecchie. Ed è per questo che spero che il polverone che si è alzato serva da spinta per capire da dove nasce questo odio e quanti sono i corpi seppelliti nel confine.