Roma brucia. Blindati incendiati, macchine date alle fiamme, guerriglia urbana. In realtà la manifestazione di ieri a Roma è stata molto altro.
L’interminabile fiume di cittadini che ha circondato il centro della città, blindato con arroganza dai palazzi del potere, era molto di più. Dietro lo slogan “uniti contro la crisi” si nascondevano tutte quelle tante realtà ormai isolate e abbandonate da ogni circuito istituzionale: i terremotati dell’Aquila, il popolo avvelenato di Terzigno e Chiaiano, il movimento per l’acqua pubblica, i No tav, i metalmeccanici di Pomigliano, gli operai sui tetti e gli immigrati sulle gru.Umanità variegate unite agli studenti per una lotta comune di dignità e per affermare, nel giorno in cui i palazzi votavano la fiducia al cavaliere, il loro dissenso più totale, sbandierando un’ipotetica sfiducia di piazza per quel manipolo di banditi che oggi caratterizza così tanto le istituzioni del paese.
Lontano dal corteo colorato e allegro, Roma mostrava tutta la sua centralità nel deprimevole teatro-farsa della politica attuale dove ogni misfatto non va più celeto ma ribadito per renderlo vanto e orgoglio agli occhi dei cittadini.
Capitava così di assistere vicino alla zona blindata, ad un piccolo presidio sui generis, dove un gruppo pakistani, da due anni senza lavoro, esponeva striscioni a favore dell’On.
Scillipoti che in aula votava la fiducia al governo tradendo il suo partito e il mandato degli elettori e trasformando (nelle foto) la sua malefatta in un attacco molto personale alle banche.
Se questa è la qualità della classe dirigente italiana altrettanto non si può dire del popolo che ieri manifestava, perchè al dilà degli scontri furibondi gran parte del corteo ha mantenuto livelli di civiltà invidiabili.
Occorre capire la rabbia profonda che accomuna ragazzi e ragazze, molti dei quali molto giovani, ai loro compagni di Londra e Atene che vedono nei tagli all’istruzione, alla cultura, al lavoro che non c’è, una battaglia per per il loro futuro che deve comprendere diritti e forme di civiltà oggi messi profondamente in discussione.
Osservare un blindato bruciato tra gli applausi corali di giovanissimi è sintomo di una rabbia che dovrebbe far riflettere a lungo l’intera società.
È vero che a Roma l’atmosfera di ieri era scandita dal rumore sordo delle bombe carta che in lontananza perforavano l’atmosfera ma questo solo dopo quelle 13.40 ora in cui, la grammatica della democrazia italiana ha abbandonato definitivamente i binari della dignità, inaugurando una stagione di incertezza che non ha precedenti nella storia del paese.