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E’ a fine Luglio che un bambino albanese di 5 anni spiega alle maestre di asilo quello che il padre faceva con lui, usando come esempio un cucchiaio che si trovava a portata di mano.Le stesse lasciano finire il bambino e non esitano a chiamare le forze dell’operazione, le quali poi daranno il via all’indagine, con tanto di installazioni di telecamere all’interno dell’abitazione della famiglia del bambino.
Filmano per oltre due mesi dopo di che, con rara rapidità, arrestano il padre il 3 agosto e affidano il bambino ai servizi sociali. Si tratta di un operaio albanese di 45 anni, incensurato.Convalidato l’arresto, si fissa la data dell’incidente probatorio per il 5 ottobre. In un breve comunicato stampa rilasciato dopo l’arresto, le forze dell’ordine sostengono che i filmati non lasciavano spazio ad interpretazioni.
Tutto sembra indirizzarsi verso una vicenda squallida ma tutto sommata chiara, finchè sulla scena non irrompe l’associazione Iliria. Guidata da Vladimir Kosturi, un fisico albanese che abita a Roma, l’associazione annuncia una manifestazione per il giorno 6 nella città di Reggio Emilia. Leggendo gli intenti premanifestazione Kosturi sostiene solo la necessità di protestare in favore dell’operaio e chiarire un malinteso: gli gesti del padre altro non sarebbero che una manifestazione di affetto, più tosto comune in alcune zone dell’Albania. Secondo le parole di Kosturi il bacio ai genitali sarebbe un’antica tradizione albanese che servirebbe a trasmettere la forza, la virilità e l’eredità del padre al figlio maschio. Un’espressione di gioia e amore in una famiglia patriarcale quale quella dalla quale proviene il padre, un paesino vicino a Valona.Peccato che tra gli albanesi interpellati dal nostro giornale, nessuno abbia mai sentito di questa antica usanza albanese che lo stesso Kosturi dice di non condividere. Fatto sta che dopo diverse difficoltà, la manifestazione prende luogo, con tutta la riluttanza del caso. Il problema è capire dove finisce la manifestazione nella difesa di un costume e dove inizia l’apologia del reato. E cosi, quello che fino a un giorno fa era solo un caso giudiziario come altri, si trasforma in uno scontro tra culture. Anche se la manifestazione è pacifica, le parole pronunciato da Kosturi sono durissime. Si spinge a promettere di scrivere al più presto una lettera al ministro della giustizia Alfano chiedendo un’ispezione nel tribunale reggiano. «Quel tribunale dove si spara», dice, riferendosi a un altro episodio grave successo nel 2007 e che vedeva come protagonista un albanese e la sua famiglia. Clirim Fejzo era entrato armato dentro il tribunale e fecce fuoco sulla moglie che chiedeva la separazione e altri famigliari ed avvocati che chiedeva il divorzio e sul suo avvocato, prima di venire ucciso da un agente. E forse anche in quel caso si sarebbe parlato di reato culturalmente orientato, in quanto in alcune zone dell’Albania il divorzio è ancora un disonore e un comportamento inconcepibile. Ma i protestanti non si arrendano e si dicono pronti a tornare in piazza fra una settimana, se nel frattempo il connazionale non uscirà dal carcere. La questione è se questo comportamento può rientrare sotto l’ombrello difensivo dei così detti “reati culturalmente orientati”. Secondo la dottrina giuridica europea, sono tale quei comportamenti perpetuati da stranieri perché vengono considerati normali, se non obbligatori, nel paese di provenienza. La questione è delicata anche perché sono in tanti a vedere in questa faccenda un chiaro attacco all’etnia e alla famiglia albanese. Chi ha visto i filmati eseguiti dalle forze dell’ordine minimizza il tutto dicendo che in diversi mesi di riprese ci sarebbero solo 5-6 secondi di bacio mentre padre e figlio sono ambedue vestiti e guardano la tivù. Allora dove sta il reato? – si chiedono in tanti, famigliari inclusi.
Dukat
Dukat è un piccolo paesino di vicino a Valona. E’ il tipico paesino albanese, mezzo deserto in quanto chi poteva ha già migrato verso Tirana o verso l’estero alla cerca di un lavoro. Chi è rimasto vive di agricoltura e di speranza. Qui la terra di lavora ancora come un secolo fa, Tirana è lontano e gli abitanti si sentono del tutto abbandonati dal governo centrale. E un paese dove si scontra un’ordine come quello patriarcale con le nuove aspirazioni europee del paese balcanico. In questi paesini, tutt’altro che rari in Albania, sopravive -a onor di vero, sempre di meno -ancora una famiglia patriarcale, governato come un vero e proprio clan dove tutti sottostano agli ordini del membro più anziano della famiglia. Le donne lavorano nei campi e in faccende domestiche, gli uomini per lo più sono impiegati nell’edilizia nelle città più vicine. Passato una certa età, si occupano solo della terra. Nel frattempo però, sono le donne a mandare avanti la famiglia. Eppure, e ciononostante, non c’è equiparazione tra i diritti dei maschi e delle femmine. La nascita di un figlio maschio è un evento. E’ il successore disegnato, colui che porterà avanti il cognome e l’onore della famiglia. “Quando nasce un figlio maschio nelle zone rurali dell’Albania c’è una grande festa, sparano e fanno una grande festa… quando nasce una femmina sembra una giornata di lutto” dice Kosturi, probabilmente esagerando. Proteste future
Dopo il corteo a Reggio Emilia di sabato, Iliria ha già annunciato una manifestazione per oggi davanti a Palazzo Chigi, sincronizzati con gli abitanti di Dukat che manifestano davanti al consolato italiano diValona, in Albania. Da Domenica 10 ottobre invece sono stati annunciati corteo e manifestazione ”ad oltranza” a Reggio. Si dicono decisi a portare avanti questa causa quale emblema della discriminazione razzista in Italia