Il regime albanese, che ha esercitato nei confronti dei propri connazionali una sistematica opera di repressione delle libertà personali e di pensiero, ha distrutto in poco meno di cinquant’anni un patrimonio culturale passato indenne attraverso secoli di dominazione straniera.
Insieme a chiese, monasteri e moschee di straordinario valore artistico,andarono in polvere intere biblioteche che custodivano patrimoni millenari.
Alla fine del 1800, la biblioteca francescana di Shkodra era una delle più ricche dei Balcani. Aveva preso forma e consistenza secondo le direttive di padre Gjergj Fishta , che nella quiete di quelle sale si riuniva con altri intellettuali di prestigio come Faik Konica , Luigj Gurakuqi e i padri Shtjefen Gieçovi e Anton Harapi, per discutere del futuro della nazione albanese.
Nel 1946, la biblioteca fu rasa al suolo, e i libri distrutti o variamente dispersi; alcuni vennero fortunosamente recuperati dalla Biblioteca Marin Barleti , mentre di altri, finiti in case private, difficilmente si conosceranno i proprietari.
Padre Fishta era morto da pochi anni, quando il regime fece disseppellire i suoi resti e disperderli nel fiume Drin; quel che si riuscì a recuperare fu ricomposto nel sepolcro che si trova ora all’ingresso della chiesa francescana, nel quartiere Gjuhadol.
Ma le ideehanno la forza di rinascere dalle proprie ceneri, a patto che ci siano uomini capaci di farle rivivere. Fu così che nel 2003 la Biblioteca Francescana fu riaperta, dove e come era ai tempi di padre Fishta. Il fondo librario venne ripristinato grazie alle donazioni personali dei padri Luigj (Jak) Marlekaj – docente nelle università di Milano, Bologna e Bari -, Paulin Margjokaj, anch’egli professore universitario in Italia, e Daniel Gjeçai.
Oggi in quell’oasi di pace che ricorda uno scriptorium medievale sono custoditi oltre 10.000 volumi, fra cui una ricca sezione di Albanistica e Balcanologia. Il testo più antico è l’”Historia del Magnanimo et Valoroso Signor Georgio Castrioto, detto Scanderbego, degnissimo principe degli Albani”: stampato a Venezia nel 1580, è una traduzione italiana dell’originale latino di Marin Barleti.
Ma il tesoro ancora tutto da esplorare si trova nel fondo archivistico, dove in confezioni ordinatamente catalogate sono raccolti testi autografi dei secoli XVI-XVII, documenti storici e lettere scritte, fra gli altri, da Ernest Koliqi, Martin Camaj, Jeronimo De Rada.
L’antica tradizione culturale di Scutari è testimoniata dalle numerose biblioteche che esistevano fin dai secoli scorsi sul suo territorio: fu in questa città che, nel 1917, venne aperta la prima biblioteca pubblica d’Albania.
Ai nostri giorni, la biblioteca pubblica Marin Barleti sta mettendo in rete il suo patrimonio, grazie al direttore Gjovalin Çuni, che, con passione da illuminato bibliofilo dell’era digitale, ha reso accessibili a studiosi e appassionati di tutto il mondo testi difficilmente reperibili, come la serie completa dell’importante rivista “Hylli i Dritës”, il cui primo numero uscì il 1° ottobre 1913, appena un anno dopo la dichiarazione d’indipendenza.