“Un sabato da 10 e lode quello della scorsa settimana. Limpido questo 3 a 0 quasi mai in discussione, forse solo nel primo set.
Millennium Brescia – Delta informatica: 0-3 in 1 ora e 12 minuti. Marchioron 17 punti (14a-2m-1b), Candi 17 punti (10a-5m-2b), Martini 15 punti (14a-1m-0b), Paoloni 5 punti(3a-1m-1b), Todesco 3 punti (1a-1m-1b), Dorighelli 1punto attacco. La Polato ha ricevuto 60% positivo con 40% perfette. La Delta 57 punti totali, 42 in attacco, 10 muri e 5 ace.
Doppia vittoria per 3-0 in B1 femminile: il Delta Informatica Trentino Rosa espugna Brescia..”
Sembra un bollettino di guerra sportiva. Le vittorie della pallavolo Trentino Rosa. Un’emozione che mi ha riportata ai tempi in cui stavo seduta a guardare le partite di pallavolo di Orlando Koja a Tirana.
Oggi, allenatore di successo a Trento, una persona con tanta passione anche per la sua terra di origine, talentuoso figlio dell’allenatore migliore che la nazionale albanese della pallavolo abbia mai avuto, Vangjel Koja.
Appartieni a una famiglia di sportivi; ci parli un po’ di tuo padre?
Sì, appartengo ad una famiglia super sportiva, ci si può chiamare una vera dinastia sportiva tra genitori, cugini e adesso figli. Penso che mio padre sia lo sportivo più integralista che conosco, lui è stato sicuramente lo stimolo principale nella mia vita da atleta, prima come giocatore e poi come allenatore.
Senza elencare tutto quello che ha vinto, lui ha saputo trasmettere in me la grande passione per lo sport, la cultura sportiva e la tenacia nel raggiungere gli obiettivi. Gioia e dolori, tanto lavoro, grandi promesse. Io ero il figlio dell’allenatore: dovevo essere perfetto.
Quali sono le più belle sensazioni che hai vissuto in Albania da sportivo?
Erano tempi in cui l’Albania aveva una grande pallavolo, generazione di campioni; Dinamo di Tirana vinceva tanto. Sicuramente due scudetti vinti sono il ricordo più bello. Poi sono andato a giocare a Studenti (la squadra degli Universitari), dell’attuale allenatore della nazionale albanese Ylli Tomorri, e anche lì abbiamo ottenuto grandi risultati.
Sei l’allenatore di una squadra femminile; qual è il segreto nel capire e gestire le donne in squadra?
Lavorare con le donne comporta un altro tipo di approccio allo sport. La loro sensibilità e il modo in cui affrontano le problematiche sono completamente diversi. Sono riuscito a creare sempre dei bei gruppi e soprattutto vincenti, avendo ottimi rapporti, ma sempre professionali.
Bisogna riconoscere che le donne sono molto più esigenti di noi uomini e apprezzano la disciplina, cose che nello sport sono importanti. Io poi ho un temperamento tranquillo e nei momenti difficili riesco a controllare i nervi e ad analizzare con fermezza la situazione, e loro apprezzano molto queste qualità.
La complicità gioca un ruolo importante per un buon risultato?
La vittoria è il frutto del nostro lavoro, ogni giorno si lavora sodo per arrivare alla fine della settimana carichi e convinti per un’altra battaglia. Per questo una vittoria si costruisce giorno dopo giorno, studiando gli avversari, i loro pregi e soprattutto i “punti deboli”.
La partita è il nostro spettacolo dove ogni atleta dev’essere in grado di interpretare al meglio il proprio ruolo. Un bravo allenatore deve capire che non è lui il protagonista, ma il regista, per questo deve formare dei giocatori autosufficienti che non abbiano paura delle difficoltà e sempre preparati a trovare la soluzione decisiva in autonomia. Quando vedo la mia squadra che riesce a dominare il campo, sempre pronta in qualunque momento, per me è una gioia immensa.
Parlami delle emozioni di una vittoria, come festeggiate?
Con i giocatori si festeggia in campo dopo la partita, poi penso che sia giusto che ognuno festeggi con i suoi cari.
Dicono di essere sportivi nella vita quando si perde, si perde per vincere; pensi che sia vero?
La domanda si risponde da sé. Sicuramente fare sport di alto livello vuol dire impiegare tante energie e tante ore in palestra fino a tarda notte. Agonismo significa che parallelamente ci sarà un avversario che farà di tutto per vincere la partita. Allora se ci si tiene a vincere bisogna lavorare più di lui, essere più qualitativo.
Le sconfitte fanno parte della nostra vita, bisogna accettarle e analizzarle, e avere sempre la voglia di ripartire con più forza e convinzione.
Lo sport è un passatempo oppure una conquista, e di che cosa?
Io sono uno sportivo nato, amo tanti sport, mi piace seguirli, viverli. È sicuramente un passatempo nel momento in cui gioco con i miei figli e nello stesso tempo è una professione quando in palestra proviamo e riproviamo per ore e ore uno schema di gioco.
Che consigli dai alla gioventù riguardo al tempo libero?
Oggigiorno i giovani passano tanto tempo in casa, senza comunicazioni dirette. Il motivo per cui ci sono sempre più ragazzi obesi denota un’assenza grave di educazione fisica. Lo sport per loro può e deve diventare il passatempo ideale.
Trento è una città con un clima rigido, però è un bellissimo posto. Vale lo stesso per le persone che vi abitano?
Avendo vissuto prima in Albania e successivamente in Puglia, all’inizio ho avuto alcune difficoltà ad integrarmi. La gente è diffidente, anche se mi ha sempre dato quel che ho meritato, poi col passare del tempo è stato più semplice, i trentini sono brava gente e grandi lavoratori.
Sono partito da zero, ma alla fine sono arrivato in cima, vittoria dopo vittoria. Due anni fa ho fatto con la mia squadra un record difficilmente raggiungibile: 24 partite con 24 vittorie, abbiamo vinto il diritto di andare in serie A e a me hanno dato il premio per il miglior allenatore. Purtroppo in serie A non siamo andati a causa della mancanza di soldi.
È una grande squadra la nostra, dagli sponsor Delta Informatica con il presidente Roberto Postal, il mio braccio destro Serena Avi, il preparatore fisico Lorenzo Vettorazzi, il direttore sportivo Franco Toneti, medico Ettore Dematte, tutti tasselli importanti che portano le nostre vittorie.
Quest’anno abbiamo iniziato alla grande: 4 partite con 4 vittorie e, ci hanno detto che ci sono i soldi per la serie A, speriamo!!! Anche se io nel mio piccolo penso solo alla prossima partita….come tutti gli immigrati, vivo giorno per giorno con i “piedi di piombo” come si dice da queste parti.