Oggi 1° ottobre 2017 viene presentato a Trento il libro dal titolo “Il treno che tratteggiò una storia – 25 anni di convivenza tra albanesi e autoctoni sul territorio regionale”, edito da Velar Marna di Bergamo e promosso dall’Associazione Teuta di Trento.
Chiediamo all’autrice Leonora Zefi, che di Teuta è presidente e “anima”
Di cosa tratta questa nuova iniziativa dell’Associazione culturale delle donne albanesi in Trentino dedicata all’antica regina degli Illiri Teuta?
Questa vicenda prende le mosse dal primo esodo di massa dall’Albania verso l’Italia nel 1991, quando nel volgere di pochi giorni migliaia di cittadini albanesi, soprattutto giovani, si riversarono sulle coste pugliesi alla ricerca di libertà e di migliori opportunità di vita.
Era il mese di marzo e la fine dell’inverno consentiva la traversata in condizioni di relativa sicurezza, anche se il ricordo di molti è colmo di timori e di incertezze.
Dopo pochi giorni dallo sbarco, il Governo italiano smistò i profughi in varie regioni, e a 700 di loro toccarono in sorte le province di Trento e di Bolzano, dove vennero allestite due caserme in disuso ma ancora perfettamente efficienti e attrezzate, una in Valsugana a Strigno e una in Val Pusteria a Monguelfo.
Le istituzioni locali e la popolazione si mobilitarono per un’accoglienza ospitale e generosa, che portò in breve tempo a trovare casa e lavoro per tanti albanesi che si sono in seguito stabilizzati sul territorio e integrati positivamente nella società regionale.
Teuta è un’associazione culturale che opera a favore delle donne immigrate, non solo albanesi, lavorando sui temi dei diritti civili, della formazione, del lavoro, della parità di genere e dell’integrazione sociale, e ci è sembrato che fosse arrivato il momento di raccogliere la memoria di quei giorni, i ricordi legati all’arrivo in Italia e nella regione trentino-tirolese, e i percorsi di integrazione che ne sono scaturiti, intervistando tanti immigrati che ora vivono qui da nuovi italiani con le loro famiglie.
Perché questa esigenza di documentare un evento di tanti anni fa, qual è il senso di questa operazione?
Da Strigno e da Monguelfo, da quelle due caserme dismesse dall’Esercito Italiano e prese in carico allora dalla Protezione Civile delle due Province prese avvio la storia dell’integrazione albanese in Trentino e in Alto Adige, che ha determinato oggi la presenza di oltre 12.000 albanesi che vivono e lavorano nella nostra regione, pienamente inseriti nella comunità locale, ugualmente fieri delle loro origini e dei traguardi sociali ed economici raggiunti (attualmente la distribuzione degli albanesi sul territorio è molto capillare perché i lavori che essi svolgono sono tanti e diversificati: dall’agricoltura al turismo, dall’industria all’artigianato, e perfino imprenditori e impiegati o specialisti negli studi privati.
Ci sono zone dove la presenza degli albanesi sul totale degli immigrati supera il 30%), così come di aver mantenuto la lingua d’origine e averla trasmessa, nonostante le difficoltà e la necessità di imparare l’italiano quale lingua dominante, alle nuove generazioni nate dopo l’immigrazione.
L’Associazione Teuta ritiene sia importante riproporre oggi, a distanza di 26 anni, una pubblicazione che raccolga i ricordi, le emozioni, le testimonianze di quei giorni e dell’integrazione della minoranza albanese nella collettività regionale. La antica tradizione di tolleranza e di convivenza radicata nelle valli alpine, e l’attenzione a valorizzare la diversità culturale ed etnica hanno condotto oggi i cittadini di origine albanese a costituire una componente significativa della popolazione locale.
Il racconto della nostra storia resterà come testimonianza di un evento non secondario nelle cronache recenti, e rappresenterà anche un segno di riconoscimento e di ringraziamento alla comunità per tutto quello che nei paesi e nelle valli è stato fatto per accogliere e aiutare i tanti profughi che cercavano una nuova opportunità di vita e un nuovo futuro in un paese – l’Italia, e nello specifico la Regione Trentino Alto Adige – che sognavano da anni come una nuova patria di libertà e di prosperità.
Pensiamo che questo libro, che riporta anche le voci dei protagonisti locali dell’accoglienza del 1991, e le immagini dell’arrivo e della vita dei profughi albanesi nelle caserme, possa costituire un evento culturale importante non solo per la comunità albanese in Trentino Alto Adige, ma per l’intera comunità regionale, per l’esempio di accoglienza costruttiva della diversità etnica, linguistica e culturale, per la memoria della generosità solidale di quei giorni, e delle occasioni di incontro, di convivenza e di collaborazione, e anche di amicizia che ne sono derivate.
E quindi quali sono in sintesi gli obiettivi di questa operazione editoriale?
La finalità e gli obbiettivi sono molto chiari:
- Promuovere la pace, la convivenza interetnica nel territorio usando l’esperienza con gli albanesi come esempio di positività e di riflessione per il futuro.
- Promuovere l’identità, la cultura e la dignità personale di ogni cittadino e il valore dell’uomo come persona unica e irripetibile.
- Contribuire alla memoria storica del territorio, raccogliendo e lasciando una documentazione di valore per le future generazioni, e diffondendone la conoscenza presso l’attuale generazione.
- Restituire in qualche modo il grande favore dell’accoglienza di allora, ringraziando con il lavoro di ricerca e raccolta della documentazione, con l’auspicio che l’impronta della generosità trentina e altoatesina che ci è stata dimostrata rimanga cosi come era, semplice e splendida nello stesso tempo.