-Perché in Italia siamo tutti musicisti, pittori, cantanti… diceva mio padre-
(cit. monologo “Italianesi”)
Di Ina Muhameti
“Le nostre due terre sono sempre state unite nei vari momenti storici” è con queste parole che il Console Artan Doda chiude il discorso al pubblico dopo la visione dello spettacolo ITALIANESI al teatro San Pietro in Vincoli di Torino, il 27 Marzo ’14 (Giornata Mondiale del Teatro). Egli ricordava appunto le collaborazioni, gli scontri e le fratellanza dettate dalle decisioni storiche nei vari secoli tra l’Albania e l’Italia.
Un discorso che ha chiuso alla perfezione in monologo messo in scena da Saverio La Ruina, autore e interprete di grande talento e maestria.
Una storia che trova ancora testimonianze nella nostra epoca e che nasconde una ferita non ancora sanata: dopo la seconda guerra mondiale molti soldati italiani sono rimasti intrappolati in terra albanese dal nuovo Regime dittatoriale, il Comunismo di Enver Hoxha. Molti soldati e civili italiani rinchiusi in campi di concentramento per quaranta lunghi anni, denigrati, torturati ed emarginati dal resto della popolazione, hanno perso le loro origini, la loro dignità.
Non più italiani e mai del tutto albanesi. “La loro era un’identità mancata, erano denudati della loro individualità” per dirla con le parole di Mark Gera, del coordinamento Gheg&Tosk che si occupa della interrelazione tra i due popoli.
Un racconto detto con parole sottili, senza più forza, come quelle di una persona anziana che è sopravvissuta agli orrori della dittatura e a cui oramai non resta che raccontarla per sentire un minimo di consolazione: un piccolo sarto del regime, figlio di un padre italiano che non ha mai conosciuto e di una madre albanese, internata anch’essa per essersi innamorata del nemico d’oltremare. Un sarto che dopo aver vissuto pene atroci, e dopo aver cucito le divise grigie dei soldati albanesi, torna negli anni ’90 nella propria terra, l’Italia…quella dei pittori e dei musicisti, credendo di essere accolto come eroe, e invece, nessuno sa più il suo nome, non sembra un’italiano, forse un albanese, un immigrato, un profugo, come tanti altri…
Il magnifico monologo di Salverio La Ruina è un monologo che riporta alla memoria tracce di storia forzatamente cancellate, non concluse, non ancora risolte e sarebbe importante divulgarne il messaggio non solo alle generazioni future perché, ma anche a quelle passate che non hanno memoria.