Dopo un’intera epoca di isolamento, se vogliamo parlare di ‘comunicazione’da noi in Albania negli anni della dittatura – a causa del sistema al potere – questa, nei riguardi del pubblico, in tutte le sue forme, in tutti i suoi mezzi e strumenti, era più che naturale dire che fosse stata monopartitica.
Di conseguenza, qualsiasi notizia che usciva fuori dai contorni predefiniti, veniva censurata. E qui, ci sarebbe da parlare molto ampiamente, ad ogni modo, vorrei soffermarmi solo ad un particolare: alla telefonia e specialmente, al suo importante strumento, il telefono!
Con impianti telefonici limitati, la telefonia esisteva sì, soprattutto quella pubblica. La privata invece, era un po’ ‘fantasma’..
Che esistesse una specie di telefonia che faceva uso di celle, qui è meglio lasciare il discorso un po’ in sospeso..
Parlare di telefonia oggi, quando questo campo è in continuo mutamento e progresso, considerando le varie dimensioni che ha preso anche in Albania, occorrerebbe essere esperti nel campo per riconoscere le varie particolarità, marchi, funzioni e servizi. Ma, facciamo un flash back per pochi istanti..
Che strumento strano il telefono!
Ma una stranezza la sua, moltiplicata per noi, non tanto perché forse da qualche parte, ( almeno per chi amava i libri) non avessimo letto di Meucci ed altri, degli anni 1800 e così via, non tanto perché non sapessimo che forse i nostri nonni ne avrebbero usufruito nella loro gioventù, ma perché l’ epoca che riguardava noi cresciuti sotto dittatura, lo escludeva. L’epoca in cui, in tutte le famiglie, il telefono fisso non poteva esistere! Il telefono era un lusso, un privilegio,un premio che meritavano di ricevere solo gli intellettuali: i dirigenti delle aziende, i medici, i professori, coloro che prestavano servizio all’esercito, alla polizia e un po’ in tutta l’amministrazione statale. L’altro ceto sociale, gli operai, la massa, il telefono se lo potevano scordare.
In una palazzina, se si trovasse un unico telefono fisso, in un’unica famiglia, questo era già tanto, perché non solo dimostrava che in quello stabile almeno uno,possedeva il tesseramento del Partito, ma anche perché, se oltre al tesseramento, quella persona fosse dotata di un senso di comunicazione aperta con i vicini – cose non sempre compatibili – poteva rendersi utile come punto di riferimento se qualcuno avesse semplicemente bisogno di ‘sentire la voce di qualcun altro da lontano’..
La telefonia pubblica era disposta nell’ufficio postale del quartiere. Questo per la capitale, perché anche qui, da zona a zona della città, sussistevano delle differenze e delle priorità di servizi. Ulteriori differenze si notavano appena ci si allontanava da Tirana, in direzione delle altre zone del paese e a quelle rurali. C’era poi l’Ufficio Centrale delle Poste Statali, dove si recava un po’ tutta la popolazione della città per varie necessità di comunicazione. Comunque, scarsa l’apertura al mondo, ‘scarsa’ anche questa necessità di comunicare, almeno apparentemente.
Dentro di sé invece, la gente era come una pentola che bolliva di rabbia e di voglia di esplodere, anche solo per sentire delle voci da lontano..
Dipendeva a cosa uno intendeva per ‘lontano’.. C’era gente che aveva amici e parenti in varie città dell’Albania; delle ragazze che, dopo sposate andavano a vivere lontano dalla casa dei genitori ; c’erano persone che si trasferivano per lavoro da un paesino all’altro; c’erano gli studenti di alcune scuole medie superiori, istituti tecnici professionali che a Tirana arrivavano da tutto il paese, dopo avere ottenuto la borsa di studio; c’erano gli universitari, anche loro provenienti da tutta l’Albania, ma … c’erano anche coloro, una minima parte, che avevano persone care che vivevano all’estero, perché si erano presi il coraggio di attraversare clandestinamente rischiando la vita, il confine terribile ( una parte di loro, la vita, lì l’avevano addirittura persa..); c’erano persone come le famiglie di origine mista, come la nostra che avevano parenti in Italia e altrove; c’erano le famiglie minoritarie ecc..
Insomma, le normali necessità di comunicazione che una popolazione comune riscontra in generale. Ma normale non era la possibilità di comunicare..
Correvano i mesi di luglio e agosto ’90..
Solo un po’ più in là, avrebbe preso spazio un altro modo ‘improvvisato’ che offriva l’opportunità alla gente, di poter effettuare delle telefonate sia all’interno, ma soprattutto fuori dal paese. Si trattava di un ‘locale postale mobile e fisso contemporaneamente’.. Una volta allestito questo ‘impianto’ all’aperto -addirittura in strada, o all’entrata di qualche abitazione privata, di qualche negozietto, in piena luce del sole – il ‘gestore’, metteva a disposizione un tavolino portatile, su cui appoggiava un vecchio apparecchio telefonico, funzionante su una linea che, solo lui sapeva come avesse fatto ad ottenerla..
‘Cronometrava’ il tempo della telefonata, facendosi pagare in contanti, subito dopo la fine della chiamata.
Questo sarebbe diventato un ‘servizio parallelo o complementare’ all’attività delle Poste..
Abusivo o meno, qui ce ne sarebbe stato da verificare..
Ad ogni modo, la gente, in quel periodo confuso – quando i figli, i parenti e gli amici, avevano da poco lasciato l’Albania, dopo essere entrati nelle ambasciate -dalla voglia di comunicare con i propri, dei collegamenti telefonici abusivi o meno – forse è fuori luogo nominarlo – era talmente noncurante..
Uno di quei giorni andai all’ufficio postale per accompagnare mia nonna, la quale doveva telefonare alle sue sorelle ed ai nipoti in Italia. Ultimamente, si sentivano spesso. Prima di avvicinarci del tutto all’ufficio, già da lontano si notava una lunghissima fila di gente..! “Oh, nonna – le dissi – non è meglio se torniamo indietro, perché non mi sembra il caso di fermarci. Come fai a riuscire a telefonare con tutta questa folla? “ Ma la nonna non ne volle sapere..”Tentiamo! -mi disse.”
Ci avvicinammo e notammo che quelle tre o quattro cabine telefoniche poste all’interno dell’ufficio, erano di certo occupate. Le impiegate avevano messo a disposizione del pubblico, degli apparecchi telefonici, posizionati sul lungo banco della posta, da cui le persone, una ad una telefonavano.
Le telefonate di quei giorni non erano nazionali. Erano tutte internazionali ed effettuate da tutti i genitori, a cui i figli, avevano scavalcato le mura delle ambasciate straniere a Tirana! Cercavano notizie dei figli, ciascuno con un numero di telefono scritto su un pezzo di carta che stringevano forte in mano, con quelle mani che tremavano.
Quel pezzo di carta, per loro era come una bussola, come una cartina geografica, su quel pezzo di carta, c’era un prefisso telefonico differente, proprio come un pezzo staccato dal globo! E su quel pezzo del globo, erano arrivati i loro figli!
Numeri con vari prefissi telefonici, a seconda del paese dove i loro figli erano ormai collocati. Telefonavano a vari centri di accoglienza, alla Caritas in Italia, alla Croce Rossa,in qualche parrocchia, istituzione e altrove insomma, in vari paesi..
Le linee stavano per scoppiare.
Ci si accontentava pure di quei impianti, per così com’erano, anche se lasciavano molto a desiderare, ma alla fine, meno male che c’erano..
Alcuni di loro, appena ci sentirono parlare italiano, ci chiesero di aiutarli per metterli in contatto al più presto, consegnandoci in mano e affidandoci quel pezzo di carta con il numero di telefono, che per loro significava così tanto..
Lo facemmo volentieri, telefonammo per loro in primo luogo, e dopo per noi…
Erano contenti di sentire la voce a distanza dei figli. Di quei figli che fino a qualche giorno prima, non sapevano che fine avessero fatto. Nei loro occhi, dopo averli sentiti, si notava una luce particolare, si sentivano dei sospiri di sollievo..
Per un popolo sofferto, forse, sapere che i figli erano in salvo e che, davano segni di speranza e di rassicurazione, che lasciavano intendere di stare bene, questa non era cosa da poco..